[ mpb ]

Thursday, October 20, 2005

Renato Borghetti Quartet

Un quartetto brasiliano al Festival della Fisarmonica di Castel Fidardo già incuriosisce! Se poi nel programma c'è scritto che il gruppo in questione fa musica "etnica" brasiliana, allora bisogna andare a vedere per forza di che cosa si tratta...).



Il teatro non promette bene: una struttura anni 70 che si sviluppa in verticale con corridoi da ospedale e bagni da scuola elementare dismessa. Come spesso accade, ci sono posti liberi in terza fila, proprio dietro quelli riservati alle autorità; in questi casi mi chiedo come mai la gente preferisce vedere lo spettacolo da lontano...se fossero stati a pagamento sarebbero stati i primi posti ad andare via! ma se lo spettacolo è agratis...mah! che il pubblico non si fidi degli spettacoli "offerti" e pensi che da quella posizione la fuga sia più difficile? approfondiremo! Qui mi interessa raccontarvi dei concerti che ho visto: sì perchè i gruppi in programma per la serata erano due. Il primo, i "Polyetnik Muzak " fa musica "gitana" (?), "folk" (?), un po' bretone, un po' asturiana... Idea bella e originale ma esecuzione "discutibile"!

Poco importa se a seguire c'è un quartetto che a originalità non ha nulla da invidiare a nessuno.
Il quartetto di Renato Borghetti è composto da una fisarmonica (anzi una gaita ponto), due chitarre (una acustica ed una elettrica), un fiato (flauto e sassofono soprano). La musica che fa si avvicina al tango, ma contiene elementi costruttivi della musica brasiliana. E' la musica meno nota della MPB, quella che appartiene ai gauchos, ai contadini del Brasile meridionale. Ha sfumature dolci e vivaci, scandite dalle note della fisarmonica, guidata dalle mani di Renato Borghetti, che sul palco sembra un folletto e che gioca con i suoi compagni di viaggio.
Il concerto va via liscio, e al pubblico piace: soprattutto gradisce gli assoli e i "duelli musicali" di Asa Branca, il brano più noto della serata.
Una piacevole scoperta per me, e il consiglio per voi di acquistare l'ultimo album di Renato Borghetti Quartet, "Gauchos" (appunto).

Friday, October 07, 2005

God bless America


Sono appena tornato da Detroit, Michigan (USA). Non ero mai stato lì!
Dopo tante ore di aereo, permettetemi un volo pindarico…questa volta la MPB non c’entra ma per riprendermi dal jet-lag provo a raccontarvi che cosa mi ha lasciato questo viaggio:

Gli States sono un paese sterminato, e gli spazi che lo formano sono infiniti, fatti di verde e coppi neri. Il concetto di vicinato non esiste ma soprattutto, fuori città, è impensabile muoversi con un mezzo diverso dall'automobile. Non c'è modo di attaraversare la strada e a passeggiare ci si sente a disagio. Le case sono bellissime come quella della Barbie, e le macchine talmente grandi che potrebbero essere paragonate ai nostri tir...nessuna traccia di utilitarie, e una densità di fuori-strada e pick-up da far pensare ad una battuta perenne di caccia al bufalo!
Attenzione, parlo del Michigan, non di New York: nella grande mela o in altre mega-metropoli magari si avverte di più l’influenza dell’oriente…ma qui non ci sono “stranieri”, se non quelli che si sono insediati in quelle zone per tutta la vita!

Dell’America, non scorderò i mille volti che ho visto: quella della donna nera, manco a dirlo, obesa, in divisa, proprio all'arrivo, all'aeroporto di Detroit. Una persona pacioccona, rigida nell'approccio, poi innaturalmente tenera nel chiederci di posare il “ditino” per prenderci le impronte digitali (…) e di nuovo severa per approfondire che cosa intendessimo per "viaggio d'affari"...
La faccia dell'immigrato, siciliano di origine, trasferitosi lì nel 1958 e dove ha costruito una fortuna: il suo volto è scavato dalle rughe che non hanno nazionalità, ma che, insieme alle grosse mani, montate su un corpo minuto, rivelano un passato di duro lavoro! Quella dei messicani, i nuovi "immigrati", che con le mani grosse ci nascono direttamente, tanto non c'è tempo per farsele crescere. Quello che mi guardava, a me, con la macchina fotografica in mano, con lo sguardo di chi vuole essere immortalato, per avere, anche lui, un posto nella vita di qualcuno. Il volto del taxinaro, fumatore e di poche parole; coperto in buona parte da occhiali spessi e grossi e che non ha gradito la "misera" mancia che gli abbiamo lasciato; quella della cameriera alta due metri che ci prende per matti perchè riscaldiamo il latte prima di berlo!…Italians


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